Due parti
meravigliosi ma…..
Io lo dico sempre:
partorirei ogni giorno. Credo che non ci sia momento più intenso, più magico,
più vivo, più tutto, nell’esistenza di una donna. A me questo immenso regalo è
successo due volte. Si è vero, ho avuto due parti meravigliosi ma… eppure c’è
un ma. Quando sono rimasta incinta di Giulia ero come una qualsiasi altra
futura mamma alla prima gravidanza, molto inesperta e poco informata su ogni
fronte della maternità, parto compreso. Grazie ad una gravidanza spettacolare
mi sentivo così bene e così forte da fare totalmente affidamento al mio istinto
o alla mia incoscienza forse. Fatto sta che non mi documento pressappoco su
niente e da “brava” lavoratrice autonoma lavoro nel nostro Ristorante fino al
giorno prima di partorire. La mia relazione con Giulia dentro il pancione è
così forte che non credo ci servano manuali. Arriva il fatidico momento. E’
mattina e Otello, il nostro gatto, è particolarmente inquieto, vado in bagno e
perdo il “tappo”. L’Ostetrica del corso preparto ci aveva detto che è uno dei
motivi per andare in Ospedale. La data presunta sarebbe stata due giorni dopo.
In Ospedale mi fanno una visita ginecologica e mi rimandano a casa. La sera
inizio ad avere contrazioni regolari ma io non voglio andare troppo presto in
ospedale perché so già dal corso preparto che la prima parte del travaglio
avviene in una stanza con altre donne e per questo motivo il futuro Papà non
può entrare a sostenerti e che quindi devi fare tutto da sola o peggio con
altre donne, seppur divise dal tuo lettino da una tendina. Faccio un bagno
caldo su consiglio dell’ostetrica del punto nascita chiamata telefonicamente
che mi dice: “Signora faccia come crede, è si giusto aspettare la frequenza
tempo/dolore ma neanche è il caso di partorire il figlio per strada”. Alle 5 siamo in Ospedale con contrazioni
regolari ma non contrazioni di parto. Il Papà viene mandato a casa. Resto sola,
quello che non volevo. Finalmente alle 8 si rompono le acque e da lì parte il
vero e proprio travaglio. In questa famosa sala travaglio sono coricata e
questa, è risaputo, non è la migliore posizione per travagliare o almeno non lo
è per tutte. Altre donne urlanti (spero di non spaventare qualche neo mamma in
procinto di partorire!) dividono la stanza con te ma tu in realtà sei sola.
Qualche ostetrica ogni tanto viene a controllare di quanto sono dilatata e se
trovi quella gentile ti incoraggia altrimenti…. lasciamo perdere. Quando
finalmente “ero a buon punto” hanno chiamato mio Marito e con lui sono stata in
sala parto. Da quel momento molto meglio, perché lì finalmente hai libertà di
camminare, di usare la liana, la palla o sdraiarti se lo vuoi. Non si può però bere né mangiare, divieto
assoluto. Mi ricordo che avevo la bocca arsa e Tiziano imbeveva un clinex con l’acqua
e io lo ciucciavo…. pare la scena di un film biblico! Ok ci siamo, mi viene da
spingere e allora cosa succede immediatamente? Stesa in posizione ginecologica.
Ma no! Io stavo meglio in piedi e nessuno mi ha chiesto niente. Mi ritrovo
sdraiata a gambe in su con una bella flebo conficcata nel braccio. M a io non
voglio l’ossitocina. Perché? Tutto sta andando benissimo. Alla fine sono in
travaglio da 4 ore e mezza mica 12 o 20 come ho sentito dire. Ma poi volete
chiedermelo? Ovviamente queste domande me la faccio adesso. Allora e in quel
momento figuratevi che ne sapevo. Mi
fecero impugnare i due maniglioni del lettino e nel momento preciso in
cui arrivò la contrazione sentii la frase che ogni donna ha sicuramente
immaginato almeno miliardi di volti nella propria vita “adesso Maria spingi,
spingi!” Io spinsi. E poi un’altra volta. Allora la Dottoressa accanto a me con
molta nonchalance si appoggia sulla mia pancia e quando spingo sento premere
fortissimo il suo braccio…. Kristeller. Ma perché questo aiutino? era appena
alle prime spinte e tutto andava benissimo. Tiziano mi dice di non guardare ma
non fa in tempo. Vedo un paio di forbici immense e sento un “pizzicotto”…. episiotomia. Stavolta, non so come, chiedo spiegazioni
e mi dicono perché Giulia aveva un giro di cordone intorno al collo. Col senno
di poi non ci credo neanche adesso. L’unica cosa importante è che la mia Giulia
è nata ed è stupenda. E’ sopra di me, io però la volevo nuda sulla pancia e
invece mi dicono che è piena di sangue e che “potrei impressionarmi” quindi la
avvolgono in un lenzuolo. Io la vorrei istintivamente subito coccolare,
baciare, allattare, tenere con me ma ci sono le prime visite e il bagnetto. “Te
la riportiamo prestissimo e poi tu devi stare ferma ti dobbiamo fare il ricamino”.
Ma che simpatiche! Il ricamino sarebbero le non so quante decine di punti post
episitomia. Sono stati i momenti più dolorosi e lunghi di tutto il mio
travaglio/parto. Saltavo sul lettino dal dolore e la Dottoressa della
Kristeller minimizzava con sarcasmo e questo mi dava ancora più fastidio e mi
faceva sentire ancora più male, se possibile. Il suo ricamino era venuto proprio
bene, erano tutti a contemplarlo e complimentarsi e io ero così imbarazzata a
stare in quella posizione e indolenzita che li avrei letteralmente “mandati a
quel paese”, per rimanere educata. Finalmente arriva la mia Giulia e inizia
subito la nostra storia d’Amore con la sua prima ciucciata. E’ stato davvero un
parto stupendo ma seppure un parto semplicissimo e velocissimo, considerato
fosse il primo, è stato molto medicalizzato. Con Ludovico andai a partorire con
più lucidità e coraggio. Sapevo cosa volevo e cosa no e mi sarei fatta sentire.
Avevo sentito parlare di violenza ostetrica, parto medicalizzato, diritti della
donna nel parto, ero molto informata, salvo su una cosa: il taglio del cordone
ombelicale. Con Giulia la donazione del sangue placentare andò a buon fine e
quindi almeno vivo nella speranza che posso aiutare qualcuno. Con Ludovico
piansi molto perché non fu lo stesso. Adesso dopo due parti so che anche questa
è una violenza e che la natura preveda che il cordone si stacchi il più tardi
possibile in modo da far fare al proprio bambino il pieno di queste
importantissime cellule se non addirittura praticare il lotus birth (ovvero
nascere con la placenta) che vuol dire appunto non recidere affatto il cordone
finchè sarà esso stesso a staccarsi da solo. Nel parto di Ludovico c’è solo una nota dolente; quando le davo il
seno destro da stesi lui non riusciva a poppare e sembrava avesse male,
piangeva addirittura. Quando alle dimissioni chiesi alla Pediatra un parere mi
disse che era dovuto al dolore poiché
alla nascita gli “si era rotta” (da sola
dico io?) la spalla. Grazie per avermelo detto due giorni dopo. Il parto però
avvenne secondo natura e quindi non ci fu ossitocina, travaglio in posizione
coricata (chiesi subito la sala parto) Kristeller, episiotomia, ecc.. Le future
mamme, soprattutto, ma, io dico, tutte le donne, dovrebbero prendere coscienza
su quelli che sono i propri diritti anche i diritti nel momento in cui si va a
partorire. La violenza ostetrica è purtroppo una pratica che riguarda
tantissime donne ogni girono e in ogni regione d’Italia, rimanendo solo nel
nostro Paese. Riporto questo trafiletto che parla di violenza ostetrica ed è
tratto da una lettura che avevo fatto su una pagina de “Il Melograno” famosa
associazione nazionale non a scopo di lucro a
sostengo delle donne, della maternità, della paternità e della nascita.
“Si pensi alle visite
inutili in travaglio ogni ora e da più operatori quando l’O.M.S. parla di
controlli, se necessari ogni 4 ore; alle episiotomie che non dovrebbero
essere più del 10/15 % e che invece vengono eseguite al 60 /70% delle donne con
gravi ripercussioni sulla loro vita sessuale futura; alla manovra di
Kristeller che potrebbe essere tollerata per non più del 3/4% dei
casi, mentre invece viene praticata di routine nelle sale parto, (pratica che
andrebbe abolita per i gravi rischi che possono conseguirne alla madre e al bambino,
dei quali quello minore è la rottura delle costole materne); alla dilatazione
manuale; al taglio cesareo che aumenta di quattro volte rispetto al parto
spontaneo il rischio di morte materna.
Ma si
pensi anche solo alla limitazione di muoversi o di assumere cibo e bevande,
all’obbligo di rimanere sole in ambienti sconosciuti senza il conforto di una
persona scelta dalla donna stessa ( al sud questo è frequentissimo); al non
poter tenere sempre con sé il proprio bambino; al consenso informato firmato appena
si entra in ospedale che dà la facoltà al medico di fare ciò che vuole e lo
mette al riparo dalle denunce; alla mancanza di informazioni statistiche
accurate su ciò che si fa nell’ospedale incluse le quantità degli interventi ed
i risultati...”
Il concetto di violenza
ostetrica è talmente importante che è in Venezuela il 16 marzo 2007 viene
emanata la Legge organica sul diritto delle donne di essere liberi dalla
violenza. In un editoriale pubblicato online il 6 ottobre 2010 in “Gazzetta
Internazionale di Ginecologia e Ostetricia”, il Dott. Rogelio Pérez D'Gregorio,
presidente della Società di Ostetricia e Ginecologia del Venezuela ha descritto
la specifica menzione del termine "violenza ostetrica". La legge
definisce la violenza ostetrica come "L'appropriazione dei processi
riproduttivi del corpo delle donne da parte di personale sanitario, che si
esprime come trattamento disumano, un abuso di farmaci, di trasformazione dei
processi naturali in quelli patologici, portando con sé la perdita di autonomia
e la possibilità di decidere liberamente del proprio corpo e della sessualità,
con un impatto negativo sulla qualità della vita delle donne" (“the appropriation of the body and reproductive processes
of women by health personnel contrary to good obstetric practice, whereby
medication should only be used when it is indicated, the natural processes
should be respected, and instrumental or surgical procedures should be
performed only when the indication follows evidence-based medicine”)
I seguenti atti
eseguiti dai sanitari sono considerati violenza ostetrica:
(1) L'attenzione
intempestiva e inefficace nelle emergenze ostetriche,
(2) Forzare la donna a
partorire in posizione supina, con le gambe sollevate, quando i mezzi necessari
per svolgere un parto verticale sono disponibili;
(3) Impedire l'attacco
iniziale del bambino con sua madre senza una causa medica impedendo così
l'attaccamento precoce e bloccare la possibilità di allattare al seno subito
dopo la nascita,
(4) Modificare il
naturale processo di nascita a basso rischio, utilizzando tecniche di
accelerazione, senza ottenere prima un atto volontario espresso e il consenso
informato della donna,
(5) Esecuzione di
taglio cesareo quando il parto naturale è possibile, senza ottenere il consenso
informato da parte della donna.
(6) costrizione psicologica ad adottare una determinata pratica
educativa nei confronti del proprio figlio: consigli e forzature su
allattamento, alimentazione e sonno infantile, anche vaccinazioni, ecc.
Da i punti
appena letti, va da se che molte delle cose che ho subito io, seppure il mio
parto è stato idilliaco, sono considerate violenza ostetrica. A me è andata di
lusso ma a tante, tantissime, troppe Mamme non va altrettanto bene. Nel mio
gruppo di auto aiuto a sostegno dell’allattamento “Noi Mamme che allattiamo
anche dopo i 6 mesi” si parla molto di queste violenze poiché un buon parto, l’assistenza
in ospedale e nel dopo parto e l’informazione corretta determinano e sono alla
base di un allattamento o un non allattamento.
Tantissime Mamme denunciano cesarei innecessarei, episiotomie, limitazioni
e divieti, pressoché nulla libertà di scelta, a volte addirittura scarsa
assistenza e menefreghismo dei sanitari. Questa è una fotografia che sta
rapidamente cambiando anche grazie all’iniziatia UNICEF di creare i cosiddetti
“Ospedali Amici dei Bambini” che oltre a sensibilizzare e sostenere l’allattamento
stanno facendo anche molto sul fronte dei parti medicalizzati, poiché come
detto prima è strettamente connesso.
Concludo
rassicurando che ovviamente e per fortuna non è sempre questa la realtà.
Conosco personalmente tante Ostetriche che assolvono il proprio lavoro come
fosse una vera e propria missione, con tanto zelo, impegno, dedizione. Molte di
queste fanno parte del mio gruppo e sono sempre a disposizione per chiarimenti
o domande, compiendo uno dei primi passi importanti per la donna a discapito
della violenza ostetrica, ossia, l’informazione prima del parto e il supporto
post partum. A questi Angeli fuori dal coro va il mio profondo rispetto e tutta
la mia stima perché è di loro il compito di portare ogni giorno alla luce del
mondo una nuova vita.
Maria Di
Maggio
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