25 Novembre 2013: Giornata internazionale per l’eliminazione della
violenza contro le donne
“Due parti meravigliosi ma…”
Dal blog di
Specialmente Mamma (http://specialmentemammablog.wordpress.com/)
Io lo dico sempre:
partorirei ogni giorno.
Credo che non ci sia momento più intenso, più magico, più
vivo, più tutto, nell’esistenza di una donna. A me questo immenso regalo è
successo due volte. Si è vero, ho avuto due parti meravigliosi ma… eppure c’è
un ma.
Quando sono rimasta incinta di Giulia ero come una qualsiasi
futura mamma alla prima gravidanza, molto inesperta e poco informata su ogni
fronte della maternità, parto compreso. Grazie ad una gravidanza spettacolare
mi sentivo così bene e così forte da fare totalmente affidamento al mio istinto
o alla mia incoscienza forse. Fatto sta che non mi documento pressappoco su
niente e da “brava” lavoratrice autonoma lavoro nel nostro Ristorante fino al
giorno prima di partorire. La mia relazione con Giulia dentro il pancione è
così forte che non credo ci servano manuali. Arriva il fatidico momento. E’
mattina e Otello, il nostro gatto, è particolarmente inquieto, vado in bagno e
perdo il “tappo”. L’Ostetrica del corso preparto ci aveva detto che è uno dei
motivi per andare in Ospedale. La data presunta sarebbe stata due giorni dopo.
In Ospedale mi fanno una visita ginecologica e mi rimandano a casa. La sera
inizio ad avere contrazioni regolari ma io non voglio andare troppo presto in
ospedale perché so già dal corso preparto che la prima parte del travaglio
avviene in una stanza con altre donne e per questo motivo il futuro Papà non
può entrare a sostenerti e che quindi devi fare tutto da sola o peggio con
altre donne, seppur divise dal tuo lettino da una tendina. Faccio un bagno
caldo su consiglio dell’ostetrica del punto nascita chiamata telefonicamente
che mi dice: “Signora faccia come crede, è si giusto aspettare la frequenza
tempo/dolore ma neanche è il caso di partorire il figlio per strada”. Alle 5
siamo in Ospedale con contrazioni regolari ma non contrazioni di parto. Il Papà
viene mandato a casa. Resto sola, quello che non volevo. Finalmente alle 8 si
rompono le acque e da lì parte il vero e proprio travaglio. In questa famosa
sala travaglio sono coricata e questa, è risaputo, non è la migliore posizione
per travagliare o almeno non lo è per tutte. Altre donne urlanti (spero di non
spaventare qualche neo mamma in procinto di partorire!) dividono la stanza con te
ma tu in realtà sei sola. Qualche ostetrica ogni tanto viene a controllare di
quanto sono dilatata e se trovi quella gentile ti incoraggia altrimenti…
lasciamo perdere.
Quando finalmente “ero a buon punto” hanno chiamato mio
Marito e con lui sono stata in sala parto. Da quel momento molto meglio, perché
lì finalmente hai libertà di camminare, di usare la liana, la palla o sdraiarti
se lo vuoi. Non si può però bere né mangiare, divieto assoluto. Mi ricordo che
avevo la bocca arsa e Tiziano imbeveva un fazzoletto con l’acqua e io lo
ciucciavo…. pare la scena di un film biblico!
Ok ci siamo, mi viene da spingere e allora cosa succede
immediatamente? Stesa in posizione ginecologica.
Ma no!
Io stavo meglio in piedi e nessuno mi ha chiesto niente. Mi
ritrovo sdraiata a gambe in su con una bella flebo conficcata nel braccio. Ma
io non voglio l’ossitocina. Perché? Tutto sta andando benissimo. Alla fine sono
in travaglio da 4 ore e mezza mica 12 o 20 come ho sentito dire.
Ma poi volete chiedermelo?
Ovviamente queste domande me la faccio adesso.
Allora e in quel momento figuratevi che ne sapevo. Mi fecero
impugnare i due maniglioni del lettino e nel momento preciso in cui arrivò la
contrazione sentii la frase che ogni donna ha sicuramente immaginato almeno
miliardi di volte nella propria vita “adesso Maria spingi, spingi!” Io spinsi.
E poi un’altra volta. Allora la Dottoressa accanto a me con molta nonchalance
si appoggia sulla mia pancia e quando spingo sento premere fortissimo il suo
braccio… manovra di Kristeller.
Ma perché questo aiutino? Ero appena alle prime spinte e
tutto andava benissimo. Tiziano mi dice di non guardare ma non fa in tempo.
Vedo un paio di forbici immense e sento un “pizzicotto”…. episiotomia.
Stavolta, non so come, chiedo spiegazioni e mi dicono perché
Giulia aveva un giro di cordone intorno al collo. Col senno di poi non ci credo
neanche adesso. L’unica cosa importante è che la mia Giulia è nata ed è
stupenda. E’ sopra di me, io però la volevo nuda sulla pancia e invece mi
dicono che è piena di sangue e che “potrei impressionarmi” quindi la avvolgono
in un lenzuolo. Io la vorrei istintivamente subito coccolare, baciare,
allattare, tenere con me ma ci sono le prime visite e il bagnetto. “Te la
riportiamo prestissimo e poi tu devi stare ferma ti dobbiamo fare il ricamino”.
Ma che simpatiche!
Il ricamino sarebbero le non so quante decine di punti post
episitomia. Sono stati i momenti più dolorosi e lunghi di tutto il mio
travaglio/parto. Saltavo sul lettino dal dolore e la Dottoressa della
Kristeller minimizzava con sarcasmo e questo mi dava ancora più fastidio e mi
faceva sentire ancora più male, se possibile.
Il suo ricamino era venuto proprio bene, erano tutti a contemplarlo
e complimentarsi e io ero così imbarazzata a stare in quella posizione e
indolenzita che li avrei letteralmente “mandati a quel paese”, per rimanere
educata. Finalmente arriva la mia Giulia e inizia subito la nostra storia
d’Amore con la sua prima ciucciata. E’ stato davvero un parto stupendo ma
seppure un parto semplicissimo e velocissimo, considerato fosse il primo, è
stato molto medicalizzato.
Con Ludovico andai a partorire con più lucidità e coraggio.
Sapevo cosa volevo e cosa no e mi sarei fatta sentire. Avevo sentito parlare di
violenza ostetrica, parto medicalizzato, diritti della donna nel parto, ero
molto informata, salvo su una cosa: il taglio del cordone ombelicale. Con
Giulia la donazione del sangue placentare andò a buon fine e quindi almeno vivo
nella speranza che posso aiutare qualcuno. Con Ludovico piansi molto perché non
fu lo stesso. Adesso dopo due parti so che anche questa è una violenza e che la
natura preveda che il cordone si stacchi il più tardi possibile in modo da far
fare al proprio bambino il pieno di queste importantissime cellule se non
addirittura praticare il lotus birth (ovvero nascere con la placenta) che vuol
dire appunto non recidere affatto il cordone finchè sarà esso stesso a
staccarsi da solo.
Nel parto di Ludovico c’è solo una nota dolente; quando gli
davo il seno destro da stesi lui non riusciva a poppare e sembrava avesse male,
piangeva addirittura. Quando alle dimissioni chiesi alla Pediatra un parere mi
disse che era dovuto al dolore poiché alla nascita gli “si era rotta” la spalla
(da sola dico io?).
Grazie per avermelo detto, due giorni dopo.
Il parto però avvenne secondo natura e quindi non ci fu
ossitocina, travaglio in posizione coricata (chiesi subito la sala parto),
Kristeller, episiotomia, ecc…
Le future mamme soprattutto, ma, io dico, tutte le donne
dovrebbero prendere coscienza di quelli che sono i propri diritti anche i
diritti nel momento in cui si va a partorire.
La violenza ostetrica è purtroppo una pratica che riguarda
tantissime donne ogni girono e in ogni regione d’Italia, rimanendo solo nel
nostro Paese.
Riporto questo trafiletto che parla di violenza ostetrica ed
è tratto da una lettura che avevo fatto su una pagina de “Il Melograno” famosa
associazione nazionale non a scopo di lucro a sostengo delle donne, della
maternità, della paternità e della nascita.
“Si pensi alle visite inutili in travaglio ogni ora e da più
operatori quando l’O.M.S. parla di controlli, se necessari ogni 4 ore; alle
episiotomie che non dovrebbero essere più del 10/15 % e che invece vengono
eseguite al 60 /70% delle donne con gravi ripercussioni sulla loro vita
sessuale futura; alla manovra di Kristeller che potrebbe essere tollerata per
non più del 3/4% dei casi, mentre invece viene praticata di routine nelle sale
parto, (pratica che andrebbe abolita per i gravi rischi che possono conseguirne
alla madre e al bambino, dei quali quello minore è la rottura delle costole
materne); alla dilatazione manuale; al taglio cesareo che aumenta di quattro
volte rispetto al parto spontaneo il rischio di morte materna.
Ma si pensi anche solo alla limitazione di muoversi o di
assumere cibo e bevande, all’obbligo di rimanere sole in ambienti sconosciuti
senza il conforto di una persona scelta dalla donna stessa ( al sud questo è frequentissimo);
al non poter tenere sempre con sé il proprio bambino; al consenso informato
firmato appena si entra in ospedale che dà la facoltà al medico di fare ciò che
vuole e lo mette al riparo dalle denunce; alla mancanza di informazioni
statistiche accurate su ciò che si fa nell’ospedale incluse le quantità degli
interventi ed i risultati…”
Il concetto di violenza ostetrica è talmente importante che
è in Venezuela il 16 marzo 2007 viene emanata la Legge organica sul diritto
delle donne di essere liberi dalla violenza. In un editoriale pubblicato online
il 6 ottobre 2010 in “Gazzetta Internazionale di Ginecologia e Ostetricia”, il
Dott. Rogelio Pérez D’Gregorio, presidente della Società di Ostetricia e
Ginecologia del Venezuela ha descritto la specifica menzione del termine
“violenza ostetrica”. La legge definisce la violenza ostetrica come
“L’appropriazione dei processi riproduttivi del corpo delle donne da parte di
personale sanitario, che si esprime come trattamento disumano, un abuso di
farmaci, di trasformazione dei processi naturali in quelli patologici, portando
con sé la perdita di autonomia e la possibilità di decidere liberamente del
proprio corpo e della sessualità, con un impatto negativo sulla qualità della
vita delle donne” (“the appropriation of the body and reproductive processes of
women by health personnel contrary to good obstetric practice, whereby
medication should only be used when it is indicated, the natural processes
should be respected, and instrumental or surgical procedures should be
performed only when the indication follows evidence-based medicine”)
I seguenti atti eseguiti dai sanitari sono considerati
violenza ostetrica:
(1) L’attenzione intempestiva e inefficace nelle emergenze
ostetriche,
(2) Forzare la donna a partorire in posizione supina, con le
gambe sollevate, quando i mezzi necessari per svolgere un parto verticale sono
disponibili;
(3) Impedire l’attacco iniziale del bambino con sua madre
senza una causa medica impedendo così l’attaccamento precoce e bloccare la possibilità
di allattare al seno subito dopo la nascita,
(4) Modificare il naturale processo di nascita a basso
rischio, utilizzando tecniche di accelerazione, senza ottenere prima un atto
volontario espresso e il consenso informato della donna,
(5) Esecuzione di taglio cesareo quando il parto naturale è
possibile, senza ottenere il consenso informato da parte della donna.
(6) Costrizione psicologica ad adottare una determinata
pratica educativa nei confronti del proprio figlio: consigli e forzature su
allattamento, alimentazione e sonno infantile, anche vaccinazioni, ecc.
Da i punti appena letti, va da se che molte delle cose che
ho subito io, seppure il mio parto è stato idilliaco, sono considerate violenza
ostetrica. A me è andata di lusso ma a tante, tantissime, troppe Mamme non va
altrettanto bene. Nel mio gruppo di auto aiuto a sostegno dell’allattamento
“Noi Mamme che allattiamo anche dopo i 6 mesi” si parla molto di queste
violenze poiché un buon parto, l’assistenza in ospedale e nel dopo parto e
l’informazione corretta determinano e sono alla base di un allattamento o un
non allattamento. Tantissime Mamme denunciano cesarei innecessarei,
episiotomie, limitazioni e divieti, pressoché nulla libertà di scelta, a volte
addirittura scarsa assistenza e menefreghismo dei sanitari. Questa è una
fotografia che sta rapidamente cambiando anche grazie all’iniziatia UNICEF di
creare i cosiddetti “Ospedali Amici dei Bambini” che oltre a sensibilizzare e
sostenere l’allattamento stanno facendo anche molto sul fronte dei parti
medicalizzati, poiché come detto prima è strettamente connesso.
Concludo rassicurando che ovviamente e per fortuna non è
sempre questa la realtà. Conosco personalmente tante Ostetriche che assolvono
il proprio lavoro come fosse una vera e propria missione, con tanto zelo,
impegno, dedizione. Molte di queste fanno parte del mio gruppo e sono sempre a
disposizione per chiarimenti o domande, compiendo uno dei primi passi
importanti per la donna a discapito della violenza ostetrica, ossia,
l’informazione prima del parto e il supporto post partum. A questi Angeli fuori
dal coro va il mio profondo rispetto e tutta la mia stima perché è di loro il
compito di portare ogni giorno alla luce del mondo una nuova vita.
♥ Mamma Maria Di Maggio ♥
Questo articolo verrà citato dal sito (www.iogenitore.it)
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