venerdì 6 novembre 2015

I GENITORI E I BAMBINI SONO COMPETENTI

I GENITORI E I BAMBINI SONO COMPETENTI

In questi  anni si è sentita molto forte l’esigenza di dare un perché a certi comportamenti dei nostri bambini e anche di creare un vademecum su cosa sia utile fare per mettere dei freni o portare correzioni. Parlo dei “Capricci”, quelli legati a quelle fasce di età in cui i bambini, scoprendo il favoloso concetto di “autonomia”, esercitano con tutte le forze una opposizione (ai nostri occhi) spietata, per affermare le loro scelte.
 Intanto sento di voler chiarire una cosa molto importante: ho notato che si sono individuate alcune fasi salienti che vengono studiate, alle quali vengono date definizioni evocative tipo “i terribili 2” e alle quali si cerca di applicare soluzioni standard per prevenire o evitare che il bambino incappi nei comportamenti tipici di quella fase: bene, respiriamo e resettiamo.
Tutti noi siamo da adulti l’estensione di ciò che eravamo da bambini. La nostra personalità si costruisce attraverso un continuum temporale, a partire dalla nascita, forse anche da prima, passando attraverso il nostro patrimonio genetico, influenzata dall’ambiente in cui viviamo, dalle esperienze che facciamo e dalle relazioni con le persone che incontriamo, primi su tutti i genitori; tutti noi attraversiamo, lungo tutta la nostra vita, momenti più sereni ed equilibrati e momenti in cui siamo nel caos per poi ritrovare un equilibrio. Questo è ciò che più o meno succede a tutti fin dalla nascita, quindi anche ai bambini che noi mettiamo al mondo.
Ognuno ha le proprie risorse che mette in campo per affrontare la vita e viverla: il neonato ha solo il pianto per esprimersi e quindi utilizza il pianto, (ognuna di noi sa che ci sono tipi di pianto diversi a seconda dell’esigenza che devono esprimere) per comunicare con la mamma e il papà: mano a mano che cresce al pianto aggiungerà i vocalizzi insieme all’indicare, le prime paroline ecc..Ad un certo punto il bambino inizia a sentire una spinta verso l’autonomia che è la stessa spinta che lo accompagnerà per tutta la vita: solo che anche in questo caso, la esprimerà con gli strumenti che ha: più il bimbo è piccolo meno strumenti ha e più tenderà ad utilizzare le grida, le botte, i no e un atteggiamento oppositivo in diverse cose. Questa modalità in effetti vede il suo esordio intorno ai 2 anni, età in cui, (secondo i risultati di alcune ricerche effettuate in Inghilterra su persone seguite da 0 a 32 anni di vita)  le persone raggiungono il picco massimo di aggressività. Pensate: a 2 anni un esserino si trova a fare i conti con tutta l’aggressività che può avere nella sua intera vita. A me questa cosa è sempre sembrata molto spaventosa!. Detto ciò si può capire perché i nostri bambini quando hanno certe reazioni di fronte ad un “no” o ad una regola, abbiano la capacità di sfinirci, spaventarci e spiazzarci. Loro devono fare i conti con emozioni molto forti e non hanno la capacità cognitiva per capire. Noi dobbiamo fare i conti con la frustrazione di non riuscire a  rapportarci con loro e con il senso di inadeguatezza che deriva dal precetto culturale per cui se i bambini sono buoni e silenziosi “siete bravi genitori”, altrimenti no.
Sfatiamo un po’ di miti:
*      I bambini piangono non perché non hanno buoni genitori, ma perché è una delle forme di espressione più antiche delle emozioni e per molti mesi l’unica che sono capaci di utilizzare.

*      I bambini urlano, scalciano, dicono NO, piangono e picchiano, non perche i loro genitori non sono capaci a dar loro delle regole, ma perché sono frustrati dal fatto che si vedono dare una regola, o si sentono dire un no o non si sentono in grado di affrontare una situazione e, ancora, perché, nella relazione, vogliono capire quali sono i loro limiti.

*      Ogni bambino è un mondo a se, così come ogni persona è diversa e ha modalità diverse di stare al mondo.
Detto ciò vorrei soffermarmi su come noi genitori possiamo provare a vivere questi periodi come periodi di scoperta e conoscenza e non come un fallimento del nostro essere genitori. Non ci sono, a mio avviso, ricette che vanno bene per tutti: i manuali sono preziosi perché danno ottimi spunti di riflessione e chiariscono alcuni dubbi in merito ai livelli di sviluppo cognitivo, affettivo e psicomotorio che possono raggiungere i nostri bimbi nelle varie fasi di crescita, ma la relazione che si crea è fatta di molto di altro: dentro la relazione dei genitori con i loro bambini ci sono generazioni di storia familiare, ci sono atteggiamenti e modi che si tramandano, ci sono eventi che possono cambiare da un giorno all’altro l’andamento della famiglia, ci sono i mondi interni dei genitori, c’è il loro essere stati figli che influenza il loro essere genitori, c’è l’ambiente in cui vivono e la cultura di cui è pregno: come si fa a dare soluzioni standardizzate che possano andare bene per ogni famiglia quando ogni famiglia è unica nel suo genere?
L’unico modo, come diceva uno dei maestri a cui mi ispiro che è Jesper Juul, è rilassarsi e godersi i propri figli, costruendo con loro un rapporto fatto di condivisione, anche delle regole. Se un bambino viene riconosciuto nel suo essere e coinvolto nelle decisioni, ovviamente adeguatamente alla sua età, vi meraviglierete di come la relazione possa cambiare da un giorno all’altro.
Quando un figlio urla per strada ad esempio, perché non vuole andare via dal parco giochi, abbassarsi al suo livello e fermarsi a chiedergli: “cosa non va?” creerà innanzitutto di nuovo la calma e predisporrà il bambino a dire, o a provare a dire cosa non va: “non voglio andare via dal parco giochi” “lo so che ti piacerebbe stare qui e hai ragione, è bello giocare, ma dobbiamo proprio andare. Che ne dici se andiamo a casa tranquilli e ci torniamo un altro giorno?”. In un atteggiamento del genere c’è l’accoglienza del disagio ma anche l’affermazione della regola.
Questo è solo un esempio per mostrare concretamente che una relazione stabilita sulla condivisione può essere più semplice e forte di una basata sulle urla e le espressioni di rabbia. Questo però, è possibile solo se i genitori si ascoltano profondamente e capiscono cosa del capriccio o del pianto li manda in crisi: di solito non c’entra molto il capriccio in sé ma ciò che per loro rappresenta.
Siamo sempre più bombardati a livello mediatico e “social” da immagini dei bravi genitori come quelli che hanno bimbi sempre sorridenti, che non piangono, che non fanno storie per andare a scuola, che non si sporcano o non gridano ( ricordo ancora quanta ansia mi metteva la pubblicità del gelato alla soia in cui i bambini mangiavano questo gelato in un giardino iper curato e seduti su divani in pelle bianca, perfettamente vestiti e pettinati; ogni volta dentro di me esplodeva un enorme “ma quando mai !!!!”) Quindi la prima cosa da fare è proprio respirate e mettersi tranquilli: dove ci sono bambini regna il caos, il rumore e l’imprevisto. Dopo di che è importante mettersi all’ascolto di se e dei propri bimbi senza spaventarsi, per capire cosa ci stanno comunicando e come possiamo aiutarli ad affrontare e vivere quella situazione, che poi sarà il modo che impareranno di affrontare la vita e lo riprodurranno anche da adulti: ogni giorno è un giorno nuovo e ci dà la possibilità di costruire con i nostri figli un rapporto più vero e rilassato.

Dott.ssa Eliana Bruna

Psicologa 3393987460

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