La mia storia di mamma – ciurma mom
Mi
chiamo Barbara, ho 46 anni e sei figli dai 18 ai 2 anni.
Anche
se può sembrare strano vengo da un passato d’infertilità. Sono cresciuta con un
fratello con cui andavo molto d’accordo, con amici appartenenti a una bellissima
famiglia numerosa e amavo prendermi cura dei bambini più piccoli di me, perciò
mi sono sposata a 23 anni già desiderosa di avere bambini, pur sapendo di avere
problemi dl ciclo con amenorree che arrivavano a 6-12 mesi. Dopo due anni di
vita di coppia abbiamo deciso di iniziare la nostra ricerca anche se stavo
ancora studiando (non a caso per diventare pediatra) e ci siamo subito
concentrati sul mio problema per il quale la mia ginecologa ha trovato una cura
che mi permettesse di ovulare.
Passati
2 anni di cure e di rapporti mirati senza che succedesse niente, la mia
ginecologa suggerì di far controllare anche mio marito, che risultò avere un
varicocele profondo che aveva ridotto notevolmente la sua fertilità. Nonostante
l’urologo sostenesse che a 32 anni ormai
il danno fosse irreversibile, abbiamo deciso di fare l’intervento.
Intanto
il tempo passava e io, durante quegli anni di tentativi, non facevo altro che
informarmi e sognare gravidanze, sentivo che nulla era perduto, ma ho avuto
tanti momenti di crisi profonda, vedere amici e parenti che restavano incinta
facilmente era dura, a me sembrava impossibile che potesse essere così facile,
ma dentro di me, nonostante la disperazione, ero determinata a tentare tutto il
possibile. Non ho mai abbandonato il progetto, siamo stati in un centro
fertilità ma cercavo anche di essere realista e avevo cominciato ad approcciare
l’adozione con altrettanto entusiasmo, anche se un bimbo che cresceva dentro di
me restava l’esperienza più desiderabile della mia vita, sulla quale non ho mai
smesso di fantasticare. Perciò, oltre che a informarmi e curarmi continuavo a
sognare, immaginare….mi ero comprata addirittura il libro dei nomi per
fantasticare in grande! E tanti, tantissimi libri non solo sulla gravidanza ma
sulla maternità, l’allattamento, la crescita.
Sei
mesi dopo l’intervento a mio marito, avevo in mano il mio primo test positivo!
E così, dopo tutto quel tempo a coltivare il mio sogno e a informarmi, appena
incinta avevo già le idee chiare su come avrei voluto che fosse seguita la mia
gravidanza, come desideravo che fosse assistito il mio parto e quale fosse
l’ospedale a me più congeniale. La mia ginecologa era dalla mia parte e mi
aveva consigliato il nome di un’ostetrica
davvero speciale.
Ho
iniziato il corso pre-parto andando fin dal terzo mese. Mary, l’ostetrica mi ha
trasmesso e insegnato tanto (prima tra tutte una cosa che ho imparato ad applicare
in generale alla vita: ascolta tutto e prendi il buono che trovi per te, senza
preoccuparti del resto) e sono arrivata al parto con la consapevolezza che
avrei fatto tutto il possibile per avere un parto attivo. Per questo non mi
sono rivolta all’ospedale della mia cittadina (Ivrea) dove tutto si svolgeva
nel più classico dei modi con una media medicalizzazione, ma sono andata in un
ospedale (Ciriè), dove ho avuto la fortuna di poter fare un lunghissimo e
bellissimo parto in acqua. Un’esperienza talmente bella e importante per me che
non ho fatto neanche caso al fatto di aver avuto 12 ore di travaglio, una fase
espulsiva di 2 ore e un secondamento incompleto con successivo raschiamento da
sveglia. Troppa era la mia felicità, la mia soddisfazione, il mio senso di
rivalsa e la mia bambina tutta viola con la testa deformata dallo sforzo era
semplicemente bellissima!
Un
anno scarso dopo la nascita della mia primogenita abbiamo deciso di iniziare la
ricerca di un altro figlio, consci che avrei dovuto ricominciare le cure per
l’ovulazione e avrebbe potuto passare un po’ di tempo prima di riuscirci. Dopo
un anno di tentativi ero incinta del mio secondogenito, un maschio stavolta.
La
mia prima esperienza di parto era stata così intensa e memorabile che anche il secondogenito ho
voluto partorirlo nello stesso ospedale, questa volta a carponi su un lettone e
tutto si è svolto rapidissimamente. Ero quasi tentata di fare un parto in casa
in realtà, ma l’eventualità di un altro secondamento incompleto aveva frenato
sia me che la mia ostetrica. È stato comunque magnifico, una nascita rapida e
vulcanica questa volta.
I
due fratellini crescevano bene insieme, la primogenita grazie al fratellino di
2 anni e mezzo più piccolo ma molto allegro, estroverso e vivace, si era fatta
anche più sicura di sé e meno timida. Si era aperta al mondo ed eravamo felici
e desiderosi di aggiungere un altro marmocchio al gruppo.
Fatta
la solita trafila sono rimasta incinta in meno di un anno, ma ho perso il
bambino a 11 settimane. È stata la prima volta che mi sono sentita dire la
terribile frase durante un’ecografia con un medico mai visto: Signora non c’è
battito. Una martellata in testa è meno dolorosa, non riuscivo a crederci.
Ricordo di aver chiesto alla ginecologa di turno se fosse sicura… Lei mi disse
di sì: aborto ritenuto. Ma la prassi prevedeva di rivedermi dopo 3 giorni
perché le beta erano altissime e continuavano a salire, tanto che sospettavano
una mola vescicolare. Invece era solo che il cuore aveva appena smesso di
battere e neanche il mio corpo ancora ci credeva… Dopo altri 3 giorni di nausea
terribile che a questo punto sembrava beffarsi di me, altra ecografia, conferma
della morte del feto e raschiamento.
Consigliata
anche dalla ginecologa (più aspetti e più la paura aumenterà) abbiamo ritentato
subito ad avere un altro figlio e dopo soli 6 mesi sono rimasta incinta di due gemelli,
uno dei quali verso la 10^ settimana se n’è andato con una forte emorragia che
ha rischiato di portarsi dietro anche il fratellino che invece ha resistito.
Questi aborti però mi avevano tolto spavalderia e così ho deciso che non avrei
partorito a casa ma avrei scelto un compromesso: fare tutto il travaglio a casa
e andare all’ultimo nell’ospedale vicino casa accompagnata dalla mia ostetrica.
Il travaglio del mio terzogenito (maschio) a
casa coi bambini è stato perfetto e sono arrivata in ospedale che mancava
pochissimo al parto. La nascita è andata
bene, ma nella classica posizione e senza poter spingere quando ne sentivo la
necessità. Sentirselo estrarre durante una pausa di contrazione è stato innaturale
e doloroso. Mai più avrei voluto partorire così. Ma ero felice, il mio cucciolo
aveva resistito durante una gravidanza difficile quando i ginecologi, che mi
avevano vista durante l’emorragia per il distacco di placenta del gemellino,
avevano detto che onestamente non credevano che l’altro avrebbe potuto farcela.
È stato
solo dopo la nascita del bimbo che ho potuto permettere a me stessa di vivere
il lutto per il bambino perduto, prima non potevo, ero troppo concentrata a
lottare per il fratellino. Io quel bambino lo rivolevo indietro…se così si può
dire. La ginecologa stessa mi parlava di studi che dimostrano che nel gemello
sopravvissuto rimane una memoria della vita condivisa e io volevo provare a
ridargli un compagno per crescere come erano cresciuti in simbiosi i primi due.
Stavolta però non volevo fare alcune cura per l’ovulazione, le gravidanza
avevano migliorato la mia situazione di amenorrea e ovulavo ogni 2-3 mesi. Perciò
mi sono semplicemente concentrata sullo studio del muco in modo da non perdermi
i 3-4 giorni fertili che avevo ogni 60-90 giorni. Avevo già imparato tutto del
muco negli anni precedenti di tentativi e ormai ero in grado di prevedere
l’ovulazioni con 3-4 giorni di anticipo e capire con uno scarto di pochissime
ore quel fosse il momento esatto dell’ovulazione.
E
sono rimasta incinta con una ovulazione al 50° giorno del ciclo. La mia dpp è
stata ridatata con una differenza di ben 5 settimane. Per me è stato come se
stesse tornando il gemellino perduto…una gemellina che sarebbe poi nata il 15
luglio invece del 17 luglio di due anni prima!
Durante
la gravidanza la mia quarta figlia è
sempre stata podalica, fin dall’eco morfologica, per cui a maggior ragione volevo
tornare nell’ospedale in cui avevo partorito i primi 2 figli dove mi avevano
assicurato di sapere assistere le nascite podaliche.
Purtroppo
però la bimba, 2 settimane prima del termine, ha rotto le membrane facendo
partire immediatamente un travaglio galoppante. Arrivare in quell’ospedale (un’ora
di strada) con una bimba podalica era troppo rischioso, così sono dovuta andare,
rassegnata, nell’ospedale vicino casa. Una volta arrivata il medico, quasi
sgridandomi per le mie contrazioni, ha chiamato il ginecologo di turno (era
tarda nottata) e mi hanno praticato un cesareo d’urgenza. Orribile! Orribile
perché il mio utero da sempre poco elastico, al quarto figlio faceva ancora più
fatica a contrarsi dopo il parto…figuriamoci come poteva contrarsi con un cesareo…
Ho avuto una cospicua emorragia subito dopo la nascita della bimba, i medici
hanno cominciato a prendere a schiaffi il mio utero per farlo reagire. Vuoi per
il dolore che a quel punto sentivo perché l’anestesia spinale non era in grado
di coprirlo, vuoi per l’emorragia, a un certo punto mi sono letteralmente
sentita morire. Ricordo proprio di aver
detto “mi sento andare via…”.
Dopo
quella esperienza mi sono detta che non
avrei mai più voluto un cesareo. Tra l’altro i tempi più lunghi di ripresa dopo
il cesareo, e con 4 figli a distanza totale di 7 anni tra il primo e il quarto,
li ho trovati particolarmente pesanti, a maggior ragione conoscendone la
differenza dopo un parto naturale.
Ci
sono voluti quattro anni e tante avventure personali e familiari per farci
decidere di ricominciare con la vita e abbiamo deciso che la cosa più grande
che avremmo potuto fare era proprio un
altro figlio, simbolo della nostra nuova vita, del nostro ritrovato ottimismo. Per
scherzare io e mio marito dicevamo che volevamo iniziare tutto da capo con
altri 4 figli, i nostri tesori più grandi.
Sempre
seguendo l’andamento del muco sono rimasta incinta del quinto figlio. Una
gravidanza bellissima perché erano passati quasi 6 anni dall’ultimo figlio e
così anche i figli più grandi erano coinvolti in modo diverso. Non un
fratellino con cui giocare, ma un fratellino da coccolare…non vedevano l’ora!
Arrivata
a fine gravidanza la mia unica paura era di non arrivare in tempo fino
all’ospedale di Ciriè dove avevo partorito i primi due figli e dove sapevo che
mi avrebbero supportata per un VBAC. Così chiesi di parlare col Primario di
Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale di Ivrea (dove si era appena cominciato
a parlare di parto di prova…che ovviamente finivano spesso in cesarei dando
pochissimo tempo per partorire prima di intervenire) e gli raccontai le mie
esperienze di parto. Lui mi ascoltò attentamente e mi chiese se avessi avuto
piacere che mi seguisse in questa vicenda. Lo ringraziai e mi fissò un appuntamento
in cui mi visitò dandomi il suo benestare per un parto naturale.
Nel
frattempo dovevo comunque fare la visita anestesiologica che a questo punto feci
a Ivrea. Bè…sono stata letteralmente
insultata dalla anestesista (donna) che, alzando la voce, mentre io allibita
continuavo a parlare piano cercando di spiegarle che non volevo a tutti i costi
un parto naturale ma solo il diritto al provarci, mi disse in faccia che ero
una pazza! Che pensare di fare a 40 anni, un parto naturale di un quinto figlio
quindi con l’utero non più in ottime condizioni e dopo un cesareo era solo da
incoscienti. L’anestesista era così agitata che davanti a me ha preso il
telefono in mano e ha telefonato al suo capo dicendogli letteralmente queste
parole: Siamo di fronte a un “grave problema gestionale”, una donna vuole fare
un parto naturale dopo un cesareo al quinto figlio.
Mi
sono alzata, ho salutato e me ne sono andata. Prima di uscire però sono passata
dal Primario e gli ho raccontato tutto. Lui, pur arrabbiato con l’anestesista
di cui si segnò il nome, mi disse che purtroppo la maggior parte dei medici di
questo ospedale la pensa così (lui arrivava da un ospedale a Torino) e mi promise
di seguirmi personalmente al parto se fosse successo di giorno…
Già
di giorno…perché di notte ci sono i medici di turno…
Così
avevo preso la mia decisione. Travaglio di giorno: vado a Ivrea. Travaglio di
notte: vado a Ciriè.
Il
travaglio è iniziato con la rottura precoce delle membrane senza contrazioni a
mezzanotte, in una settimana in cui il Primario di Ivrea era pure in ferie.
Senza pensarci due volte siamo partiti per Ciriè. Dove, dopo una visita (ero
solo pervia al dito) e un veloce tracciato, sono stata lasciata libera e
tranquilla da sola nella mia stanza, senza pressioni, né di visite, né di
presenze.
I tempi
del travaglio sono stati normali ma sufficientemente lunghi per sapere che a
Ivrea sarebbero intervenuti. E invece ho avuto un parto meraviglioso, di cui ho
vissuto e gustato ogni istante, mai avevo amato così tanto le contrazioni
crescenti, mai avevo percepito così nettamente ogni parte del corpo de mio
bambino che nasceva, mai avevo così apprezzato di tornare in camera sulle mie
gambe. Ho voluto anche mettere un video su youtube della mia esperienza, perché
qui del parto naturale dopo cesareo si cominciava appena a parlare, ma spesso sembrava
più un’idea che una possibilità concreta. http://www.youtube.com/watch?v=r7SkwjxUkhk Nonostante l’esperienza positiva trovo sempre
qualcuno che mi reputa un’incosciente. Pazienza. Sono lo stesso convinta che si
detta continuare a parlarne.
Dopo
la nascita del quinto figlio, per una serie di motivazioni molto forti,
personali e non tutti felici (dove io, mio marito e i miei figli eravamo tutto
uno per l’altro), abbiamo deciso di provare ad avere un altro figlio ma purtroppo
il bambino è risultato avere una malformazione gravissima incompatibile con la
vita che mi ha costretta a una scelta dolorosissima a 14 settimane.
Lasciarlo
andare via è stato difficilissimo e mi ha segnata profondamente, l’elaborazione
del lutto è stata (ed è) una questione complessa e dolorosa, ma piena anche di
cose positive, incontri di persone meravigliose, crescita personale
incredibile, credo che mai niente mi abbia insegnato di più di quel che mi ha
insegnato quel figlio.
Ma il
dolore restava tanto, sia in me e mio marito che nei figli più grandi che
sapevano tutto (ricorderò sempre quando aprimmo la busta insieme con la sua
mappa genetica e ci stringemmo in un abbraccio, quando la mia figlia maggiore
mi disse che aveva tante aspettative quando ero incinta perché aveva già avuto
un fratello da grande –il quinto, il suo grande amore- e perciò aveva ancora
più aspettative) e non mi sono sentita di chiudere il cerchio della vita così, per
cui ci abbiamo riprovato. Sei mesi dopo sono rimasta incinta ma a 10 settimane
il suo cuoricino ha smesso di battere e ho dovuto fare un altro raschiamento.
Mi è
crollato il mondo addosso, è stato come perdere un’altra volta anche l’altro
bambino e pensare di riprovarci a questo punto è stato tanto difficile quanto
rinunciarci, ma alla fine, dopo averne parlato a lungo con la ginecologa per
scongiurare rischi fisici, ho deciso di buttarmi. Come mi disse anche la
ginecologa: prova, se non deve accadere non accadrà. Dopo altri 6 mesi sono
rimasta incinta.
La
gravidanza non è stata serena come le altre, anche perché nel frattempo a mia
madre avevano scoperto un tumore che ha dato i suoi primi sintomi già in fase
avanzata. Io non so se sia stato per la paura
di perdere anche questo bimbo e la consapevolezza che anche mia madre se
ne stava andando, ma la mia piccola Elena si è arroccata dentro la mia pancia
completamente avvolta nel cordone ombelicale e con la testa incastrata sotto le
mie costole. Come a non voler uscire…o
io che avevo paura di perderla…non so.
Intanto
però ero sempre determinata a cercare di evitare il cesareo e mi sono fatta
seguire anche da un bravissimo ginecologo proprio di Ciriè, famoso esperto di
rivolgimento manuale esterno del feto, che a 37 settimane ha tentato di praticarmi
la manovra che pare riesca nella maggior parte dei casi. Con tutta la buona
volontà di entrambi e dopo un dolore insopportabile, abbiamo dovuto rinunciare,
Elena si spostava di pochi millimetri, il battito si abbassava e poi tornava
nella posizione podalica originale, riprendendo il suo normale battito cardiaco.
A questo punto è stato chiaro che Elena era incastrata, talmente incastrata che
è poi stato difficile estrarla persino col cesareo programmato a 38 settimane.
Sette
giorni dopo la nascita di Elena con cesareo programmato, avendo appena saputo
della nascita della nipote ma senza fare in tempo a vederla, mia mamma è
mancata. Ecco…per consolarmi di non aver potuto fare un altro parto naturale
penso sempre che almeno mia mamma se n’è
andata sapendo che la bimba era nata e che stavamo bene.

Ciurmamom hai rotto il cazzo.
RispondiEliminaTi odio.
Sei una bugiarda.
E sei una puttana. Secondo me hai 6 figli perché li hai avuti da due uomini diversi e magari il padre dei tuoi ultimi tre figli é il tuo amante. Fai schifo