L’avvocato in ascolto
Mi chiamo Roberta Plemone, ho 29 anni e sono
Avvocato.
Mi occupo di diritto civile,
con particolare attenzione per il diritto delle persone, della famiglia e dei
minori. Grazie al supporto dei miei Colleghi di studio, spazio in tutti gli
ambiti del diritto, per fornire un’assistenza completa.
Per le vostre domande, le
vostre curiosità, o per proporre qualche argomento da trattare, mi potete
contattare su facebook https://www.facebook.com/roberta.plemone
Sarò felice di ascoltarvi!
Non più marito e moglie, per sempre genitori.
Questo è un articolo “di
pancia”, quelli che da un brutto argomento sperano di tirar fuori qualcosa di
buono.
Non potevo scriverlo da
sola, non ne avrei avuto la capacità e forse neanche la sensibilità. E così mi
ha aiutata la Dott.ssa Lucrezia LOVO, psicologa brillante, professionista
capace ed amica.
A Lei il mio più grande
ringraziamento.
Alzi la mano chi non ha
mai sentito dire “E’ finita. Non ti farò più vedere tuo figlio”. Un
pericoloso mix di vendetta e cattiveria, volto a negare il diritto più intimo,
più puro: l’essere genitore.
L’alienazione parentale
(c.d. PAS) è il risultato estremo del forzato coinvolgimento dei figli nel
conflitto della coppia, ed è una patologia, formalmente inserita nel Manuale
per le malattie mentali, DSM-5 del 2013.
Con il termine PAS si fa
riferimento alla dinamica in cui un genitore (detto alienatore) attiva una vera
e propria campagna di immotivata denigrazione nei confronti del genitore
alienato, al punto che il figlio (che si trova solitamente in un’età compresa
tra i 7 e i 15 anni) si allea con il genitore alienatore, allontanandosi
dall’altro, opponendosi con forza alla sua frequentazione.
Tutto ciò, avviene in
assenza di validi motivi (come maltrattamenti o abusi) ma solo per un’implicita
alleanza con il “genitore forte”.
GARDNER, psichiatra
statunitense teorico della Sindrome di Alienazione Parentale, ha identificato
otto criteri fondamentali per diagnosticare la presenza della malattia:
1.
campagna di
denigrazione: partecipazione attiva
alla campagna mistificatoria nei confronti del coniuge bersaglio;
2.
razionalizzazioni
deboli, superficiali o assurde: il
bambino, per giustificare l’astio nei confronti del genitore, adduce scuse o
accuse prive di oggettivo fondamento;
3.
mancanza di
ambivalenza: i figli descrivono solo
i tratti negativi del genitore bersaglio, non trovando alcun pregio;
4.
fenomeno del
pensatore indipendente: il figlio
afferma di essere autonomo nel prendere le decisioni;
5.
appoggio
automatico al genitore alienante: il
bambino preferisce stare dalla parte del “genitore forte” ed assumere, così,
potere, che non avrebbe se si appoggiasse all’alienato;
6.
assenza del
senso di colpa: il figlio non prova
senso di colpa o empatia nei confronti del “genitore debole”;
7.
scenari presi
in prestito: il bambino utilizza
frasi o espressioni apprese o suggerite dal genitore alienante, riportando
eventi che non hanno materialmente vissuto o di cui non hanno avuto conoscenza
diretta, ma che fanno parte della campagna denigratoria;
8.
estensione
dell’ostilità: l’astio del figlio si
estende alla famiglia d’origine del genitore vittima.
L’alienazione parentale non è un fenomeno circoscritto
alla tenera età, ma pare avere effetti a lungo termine sull’equilibrio
psicologico del giovane adulto. I bambini alienati, crescendo, tenderanno a
sviluppare un forte senso di perdita nei confronti del genitore allontanato,
una minore autostima, un presente senso di colpa ed una crescente difficoltà
nello sviluppo dell’identità personale.
La PAS viaggia nelle aule
di Tribunale da circa vent’anni.
Da un iniziale momento di
negazionismo della patologia, si è passati ad una lenta e progressiva presa di
coscienza, nata anche e soprattutto grazie ai nuovi poteri del Giudice in
ordine all’ascolto del minore.
Recentemente, la
Cassazione, con la sentenza n.6919 del 8.04.2016, ha stabilito “in tema di
affidamento dei figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti
dell’altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e
materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una PAS, ai fini
della modifica delle modalità di affidamento, il Giudice di merito è tenuto ad
accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i
comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le
presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto
sulla validità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra
i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la
continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto
del figlio alla bigenitorialità ed alla crescita equilibrata e serena”.
Il genitore che opera la
distruzione dell’altrui figura genitoriale, frutto di un condizionamento
programmato che andrà adeguatamente provato, potrà perdere finanche
l’affidamento condiviso del figlio.
Non coinvolgiamo i bambini
nelle discussioni tra “grandi” e, sebbene rancore e rimorsi siano sentimenti
forti, non calpestiamo i diritti dell’altro genitore. E’ un atto vile, che
potrebbe portare alla perdita dell’affidamento del bene più prezioso: nostro
figlio.
Avv. Roberta Plemone
Dott.ssa Lucrezia Lovo
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