martedì 17 maggio 2016

L'avvocato in ascolto...Non più marito e moglie, per sempre genitori

L’avvocato in ascolto

Mi chiamo Roberta Plemone, ho 29 anni e sono Avvocato.
Mi occupo di diritto civile, con particolare attenzione per il diritto delle persone, della famiglia e dei minori. Grazie al supporto dei miei Colleghi di studio, spazio in tutti gli ambiti del diritto, per fornire un’assistenza completa.
Per le vostre domande, le vostre curiosità, o per proporre qualche argomento da trattare, mi potete contattare su facebook https://www.facebook.com/roberta.plemone
oppure sulla mia mail roberta.plemone@libero.it
Sarò felice di ascoltarvi!


Non più marito e moglie, per sempre genitori.

Questo è un articolo “di pancia”, quelli che da un brutto argomento sperano di tirar fuori qualcosa di buono.
Non potevo scriverlo da sola, non ne avrei avuto la capacità e forse neanche la sensibilità. E così mi ha aiutata la Dott.ssa Lucrezia LOVO, psicologa brillante, professionista capace ed amica.
A Lei il mio più grande ringraziamento.

Alzi la mano chi non ha mai sentito dire “E’ finita. Non ti farò più vedere tuo figlio”. Un pericoloso mix di vendetta e cattiveria, volto a negare il diritto più intimo, più puro: l’essere genitore.
L’alienazione parentale (c.d. PAS) è il risultato estremo del forzato coinvolgimento dei figli nel conflitto della coppia, ed è una patologia, formalmente inserita nel Manuale per le malattie mentali, DSM-5 del 2013.
Con il termine PAS si fa riferimento alla dinamica in cui un genitore (detto alienatore) attiva una vera e propria campagna di immotivata denigrazione nei confronti del genitore alienato, al punto che il figlio (che si trova solitamente in un’età compresa tra i 7 e i 15 anni) si allea con il genitore alienatore, allontanandosi dall’altro, opponendosi con forza alla sua frequentazione.
Tutto ciò, avviene in assenza di validi motivi (come maltrattamenti o abusi) ma solo per un’implicita alleanza con il “genitore forte”.
GARDNER, psichiatra statunitense teorico della Sindrome di Alienazione Parentale, ha identificato otto criteri fondamentali per diagnosticare la presenza della malattia:
1.   campagna di denigrazione: partecipazione attiva alla campagna mistificatoria nei confronti del coniuge bersaglio;
2.   razionalizzazioni deboli, superficiali o assurde: il bambino, per giustificare l’astio nei confronti del genitore, adduce scuse o accuse prive di oggettivo fondamento;
3.   mancanza di ambivalenza: i figli descrivono solo i tratti negativi del genitore bersaglio, non trovando alcun pregio;
4.   fenomeno del pensatore indipendente: il figlio afferma di essere autonomo nel prendere le decisioni;
5.   appoggio automatico al genitore alienante: il bambino preferisce stare dalla parte del “genitore forte” ed assumere, così, potere, che non avrebbe se si appoggiasse all’alienato;
6.   assenza del senso di colpa: il figlio non prova senso di colpa o empatia nei confronti del “genitore debole”;
7.   scenari presi in prestito: il bambino utilizza frasi o espressioni apprese o suggerite dal genitore alienante, riportando eventi che non hanno materialmente vissuto o di cui non hanno avuto conoscenza diretta, ma che fanno parte della campagna denigratoria;
8.   estensione dell’ostilità: l’astio del figlio si estende alla famiglia d’origine del genitore vittima.
L’alienazione parentale non è un fenomeno circoscritto alla tenera età, ma pare avere effetti a lungo termine sull’equilibrio psicologico del giovane adulto. I bambini alienati, crescendo, tenderanno a sviluppare un forte senso di perdita nei confronti del genitore allontanato, una minore autostima, un presente senso di colpa ed una crescente difficoltà nello sviluppo dell’identità personale.
La PAS viaggia nelle aule di Tribunale da circa vent’anni.
Da un iniziale momento di negazionismo della patologia, si è passati ad una lenta e progressiva presa di coscienza, nata anche e soprattutto grazie ai nuovi poteri del Giudice in ordine all’ascolto del minore.
Recentemente, la Cassazione, con la sentenza n.6919 del 8.04.2016, ha stabilito “in tema di affidamento dei figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell’altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una PAS, ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il Giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità ed alla crescita equilibrata e serena.
Il genitore che opera la distruzione dell’altrui figura genitoriale, frutto di un condizionamento programmato che andrà adeguatamente provato, potrà perdere finanche l’affidamento condiviso del figlio.
Non coinvolgiamo i bambini nelle discussioni tra “grandi” e, sebbene rancore e rimorsi siano sentimenti forti, non calpestiamo i diritti dell’altro genitore. E’ un atto vile, che potrebbe portare alla perdita dell’affidamento del bene più prezioso: nostro figlio.


Avv. Roberta Plemone
Dott.ssa Lucrezia Lovo






















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